I menu dei cocktail bar odierni presentano spesso una sezione di opzioni a basso contenuto di alcol in volume (ABV), alimentate da motivi di salute, sociali ed economici. In prima linea, i baristi e i clienti stanno diventando sempre più consapevoli dei problemi di salute legati al consumo di alcol e si è registrata un’inversione di rotta a livello mondiale verso un consumo più informato.
Ispirati dall’aperitivo italiano durante i propri viaggi, il team di Naren Young al Dante ha voluto promuovere la tradizione della penisola tra i newyorkesi, che sono abituati a sorseggiare cocktail “spirit forward”. Il risultato sono clienti che si fermano per ore, sorseggiando diversi cocktail light come l’Americano, lo Spritz o anche delle versioni più leggere del Negroni. Rispetto al cliente tipico newyorkese che beve Old Fashioned, cocktail più adatto a un dopo cena, il bevitore che prende un low ABV è più probabile che decida di rimanere anche a cena, dopo essersi adeguatamente preparato il palato.
Un caso particolare è il Rotonda, dove Diego Ferrari ha fatto il barmanager per 5 anni. A causa delle complicate norme italiane, lo storico edificio in cui si trova il bar è limitato a servire bevande fatte con bottiglie con meno del 21% ABV. Diego ha preso questo limite come un’opportunità, cominciando a ricercare con passione liquori e bitter a bassa gradazione alcolica per inventare cocktail innovativi da offrire ai suoi ospiti, arrivando a realizzare qualcosa di unico. Diego ha anche scritto il libro Cocktail low alcohol. Nuove frontiere della miscelazione. Un esempio di un drink di Diego è 1848, a un twist Low ABV sul French 75 con 15 ml limone, 35 ml St-Germain, 20 ml Spitz, e un top di prosecco.
Anche se è difficile individuare quando e dove è iniziata la rivoluzione low ABV, è chiaro che il barista moderno, oggi, dovrebbe spostare l’attenzione dall'ultimo twist di Old Fashioned ai cocktail più leggeri. Questa transizione è necessaria non solo per i nostri poveri fegati, ma per la progressione della mixologia nel suo complesso.
N.B. La versione più lunga dell’articolo si trova su Drinks International. Grazie a Hamish Smith per l’opportunità!